BOTRUGNO (LE): piccola, silenziosa, laboriosa comunità Salentina.

Non si vede, non si sente,
è la patria di Morfeo;
tutto dorme quietamente,
di viventi è un gran museo;
e ciascun fa voto espresso
di trattare col suo se stesso.
Lo torreggia a cavaliere
un palagio blasonato;
sembra un nobile messere
che sta li pietrificato;
e che stringe nel suo pugno
il paesello di Botrugno.

(Cosimo De Giorni, 1875)

Così appariva al visitatore, verso la fine dell'Ottocento, Botrugno e il suo palazzo marchesale: una piccola silenziosa, laboriosa comunità stretta attorno al suo maestoso palazzo, simbolo della storia e del prestigio delle famiglie feudali che lo avevano costruito ed abitato.

Fondato originariamente dai Greci, Botrugno inizia a svilupparsi dopo la distruzione della vicina Muro Leccese ad opera di Guglielmo il Malo nel XII secolo. Nel 1193 il normanno Tancredi d'Altavilla concesse il casale a Lancellotto Capace. In seguito, nel XIII secolo passò ai Maramonti che diedero inizio alla costruzione di una piccola fortezza intorno alla quale si sviluppò il nucleo abitativo.
Illustre e nobile casato fu quello dei Maramonte, che annoverò nella propria famiglia anche rinomati condottieri, come quel Raffaele Maramonte, al quale fu innalzato il sarcofago che ancora oggi è possibile ammirare nella Chiesa del Convento, quasi attaccato al palazzo marchesale.

Nel gennaio del 1654 i Maramonte, le cui fortune erano andate precipitando, decisero di vendere il casale di Botrugno, insieme con tutti i suoi beni, compreso il palazzo, ad un'altra non meno nobile e prestigiosa famiglia, quella dei Castriota Granai nella persona di Carlo Castrista, già barone di Melpignano. Da allora i Castriota ne fecero la loro dimora stabile sino al 1817, portandovi lustro e ricchezza, anche grazie ad ardite e non sempre fortunate avventure commerciali.

La fortezza fu trasformata in lussuoso palazzo residenziale; furono commissionati a celebri pittori e ornamentisti i lavori decorativi degli ambienti interni (come Ludovico Giordani il cui nome è leggibile ancora oggi nel salone centrale del palazzo).

I Castriota, che ottennero anche il titolo nobiliare di marchesi, furono gli ultimi feudatari e risiedettero fino al 1817, quando Francesco Maria donò il feudo ai Guarini di Poggiardo. Tuttavia il potere feudale era già cessato e il governo del paese venne affidato dapprima ai decurionati locali e successivamente al consiglio comunale.
Botrugno perdette la sua autonomia e, insieme con San Cassiano, venne aggregato a Nociglia. Nel corso dell'Ottocento gli abitanti del paese tentarono più volte di conquistare l'autonomia, senza mai riuscirci.
Solo con la Legge n. 477 del 13 marzo 1958, promulgata dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, Botrugno veniva eretto a comune autonomo. Fautore dell'autonomia di Botrugno fu l'On. Arturo Marzano primo firmatario della proposta di Legge n. 129 del 22 settembre.


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